Con l’uscita dell’ultimo aggiornamento di No Man’s Sky , chiamato Voyagers , mi è tornata la voglia di provarlo. Un gioco che, per chi non lo conoscesse, ha fatto la storia due volte: la prima come uno dei flop più clamorosi degli ultimi anni, la seconda come rinascita spettacolare.
Ora, lo so cosa potresti pensare: che diavolo c’entra un videogioco sul sito di ilTALLA, dove parla di marketing, branding, SEO e comunicazione?
La risposta è semplice: c’entra eccome. Perché No Man’s Sky non è solo un titolo fantascientifico fatto di pianeti procedurali e astronavi, ma un caso studio perfetto su come rilanciare un brand dopo un flop .
Ed è un esempio che vale la pena raccontare, perché incarna una dinamica che ogni azienda, PMI o freelance conosce bene: la distanza tra le aspettative e la realtà. Il day one di No Man’s Sky è stato questo: un hype alle stelle, milioni di giocatori pronti a vivere “l’infinito”, e poi… la delusione. Universi vuoti, meccaniche ripetitive, promesse mancate. Una frattura che per la maggior parte dei brand sarebbe stata fatale.
Eppure Hello Games, lo studio che lo ha sviluppato, non ha mollato. Ha scelto la strada più difficile: non la fuga, non le scuse infinite, non il marketing riparatore a suon di slogan. Ha scelto il lavoro silenzioso, il rapporto diretto con la community, gli aggiornamenti costanti. Ha scelto il marketing relazionale, quello che non punta a fare rumore ma a ricostruire fiducia.
E oggi, quasi dieci anni dopo, No Man’s Sky non è più ricordato come “il gioco che ha tradito le promesse”, ma come uno dei rari casi in cui un brand ha saputo rialzarsi più forte di prima. Un titolo che ha trasformato recensioni “estremamente negative” in “molto positive”, che ha saputo ricucire con i giocatori fino a farsi amare di nuovo.
Ecco perché ne parlo qui: perché raccontare la parabola di No Man’s Sky non è parlare di videogiochi, è parlare di noi. È parlare di come ogni brand, piccolo o grande, può sbagliare, cadere, eppure avere ancora margine per rinascere, se sceglie la strada giusta.
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Il lancio di No Man’s Sky: un flop epocale
Agosto 2016. No Man’s Sky esce dopo anni di trailer e interviste che lo presentavano come il nuovo paradigma del gaming: un universo procedurale praticamente infinito, miliardi di pianeti da esplorare, ecosistemi generati in tempo reale e la promessa, più volte allusa, di poter incontrare altri giocatori in un contesto condiviso.
Il day-one, però, ribalta tutto. Su PC il gioco si presenta con crash continui, stuttering e cali di frame-rate anche su macchine di fascia alta. La community segnala problemi di stabilità e performance. La sensazione di trovarsi davanti a un prodotto grezzo fu immediata.
Io, come tanti altri, ci cascai in pieno. Lo acquistai in preorder, convinto che mi aspettasse l’esperienza definitiva di viaggio interstellare. Invece arrivò la doccia fredda: pianeti tutti uguali e vuoti, meccaniche ripetitive ridotte a un eterno cammina, raccogli, ripara, ripeti. Un universo tanto vasto quanto noioso. Più che un’avventura spaziale sembrava un simulatore di passeggiate infinite. E soprattutto un multiplayer che, di fatto, non esisteva.
Il simbolo della frattura tra promesse e realtà diventa presto il “caso multiplayer”: due streamer riescono a raggiungere lo stesso punto nello stesso momento, ma non si vedono. L’episodio rimbalza ovunque, trasformandosi nel manifesto della delusione. La stampa specializzata lo documentò subito, fissandolo come il momento in cui l’hype si sgretola.

La reazione degli utenti fu feroce. Su Steam e Metacritic non vi fu nemmeno la fase “positiva” iniziale: le recensioni partirono direttamente in caduta libera e marchiate come “estremamente negative” fin dal primo giorno. Nei forum si contarono migliaia di commenti di odio, con picchi di oltre 2.000 review avverse all’ora. Le lamentele su bug e prestazioni si sommarono alle accuse di aver venduto un sogno vuoto. E io, leggendo quelle recensioni, mi ci ritrovai in pieno: era esattamente l’esperienza che stavo vivendo.
Il malcontento generò anche un’ondata di richieste di rimborso e confusione sulle policy delle piattaforme. Tanto che Valve fu costretta ad aggiornare la pagina di No Man’s Sky con un disclaimer esplicito (“si applica la policy standard, nessuna eccezione speciale”), pur di arginare aspettative errate di rimborsi illimitati.
La pressione non si fermò alla sfera social. Nel Regno Unito l’Advertising Standards Authority aprì addirittura un’indagine sulle presunte discrepanze tra i materiali promozionali e l’esperienza reale di gioco. L’ASA archivierà poi il caso, ma il solo fatto che un regolatore debba intervenire racconta quanto la fiducia fosse crollata.
In sintesi: prestazioni traballanti al lancio, funzionalità percepite come mancanti (su tutte, il multiplayer), aspettative fuori scala e una comunicazione pre-release letta come ambigua. Il risultato, dal punto di vista del brand, è scolastico: fiducia bruciata subito, reputazione sotto assedio, narrativa pubblica cristallizzata in un’etichetta precisa: No Man’s Sky come sinonimo di promessa infranta.
Non è un inciampo: è il classico scenario in cui, statisticamente, un marchio non si rialza più. Ed è proprio da qui che inizia la parte interessante: capire come rilanciare un brand dopo un flop e farlo non a colpi di slogan, ma con un lavoro paziente di ricostruzione relazionale.
Come rilanciare un brand dopo un flop: la lezione di Hello Games
Normalmente, quando un brand brucia la fiducia del suo pubblico in modo così plateale, la storia finisce lì. Nella maggior parte dei casi si cerca di riparare con un paio di patch, qualche comunicato di scuse, magari un DLC a prezzo scontato e poi si passa oltre, puntando su un nuovo progetto e lasciando che l’eco del fallimento si disperda col tempo.
Hello Games ha fatto esattamente l’opposto. Invece di cercare scorciatoie, ha scelto la strada più lunga e più rischiosa: non mollare e continuare a investire sul gioco che tutti davano per morto . Senza clamore, senza marketing pomposo, senza giustificazioni infinite. Solo lavoro, aggiornamenti e un filo diretto con la community.
Aggiornamenti costanti
Dopo il lancio, il team ha iniziato a pubblicare update massicci e gratuiti:
- Foundation Update (2016): basi, modalità creative, primi segni di un vero “gioco vivo”.
- Pathfinder e Atlas Rises (2017): nuovi veicoli, missioni, miglioramenti alla narrativa.
- NEXT (2018): il punto di svolta, con l’arrivo del vero multiplayer, grafica migliorata e un universo finalmente più coerente.
- E poi via via, un crescendo: Beyond, Origins, Frontiers, Endurance, Interceptor, Echoes, fino all’ultimo Voyagers .
Ogni update non era solo un contenuto aggiunto, era un gesto politico: “restiamo qui, non vi abbandoniamo”. Era la dimostrazione concreta che il team ascoltava i feedback, trasformava le critiche in feature, usava il malcontento come leva per ricostruire.
E nel tempo, questa costanza ha iniziato a cambiare la percezione. L’odio si è trasformato in curiosità (“vediamo com’è adesso”), poi in rispetto (“ok, stanno davvero lavorando”), fino ad arrivare a stima (“hanno fatto quello che nessuno avrebbe fatto”). Oggi, parlare di No Man’s Sky non significa più citare un fallimento, ma raccontare una rinascita.
Io stesso ne sono la prova vivente. Per anni l’avevo mollato: ogni tanto lo reinstallavo per vedere se c’era qualcosa di nuovo, e puntualmente restavo deluso. Poi, quando comprai il visore Meta Quest 3, ho deciso di dargli un’altra chance. E lì ho visto la differenza. Pianeti più vari, sistemi più complessi, una galassia che sembrava finalmente viva. In VR, l’esperienza era, ed è tutt’ora così immersiva che ho finito per infognarmi di nuovo, stavolta in senso positivo. Era evidente: quel lavoro silenzioso aveva portato a un gioco completamente diverso da quello del 2016.
Ed è qui che No Man’s Sky smette di essere “solo un gioco” e diventa un caso studio di marketing relazionale . Perché Hello Games non ha cercato di riconquistare la fiducia con spot e slogan, ma con un dialogo lungo anni basato su coerenza, continuità e valore tangibile. Ogni aggiornamento era un pezzo di fiducia restituita, ogni feature aggiunta un mattone in più per ricostruire il rapporto con la community.
E alla fine, la community stessa è diventata parte integrante del rilancio. Non più semplice spettatrice del disastro, ma co-protagonista di una rinascita costruita a colpi di feedback, bug report e richieste ascoltate. Il brand, invece di difendersi o nascondersi, ha scelto di esporsi nel tempo , accettando la fatica della ricostruzione.
Il risultato? Le recensioni oggi parlano da sole. No Man’s Sky è passato dal marchio infamante di “estremamente negativo” a una media “molto positiva” su Steam. Non è solo un cambio di punteggio: è un cambio di narrazione. Oggi il titolo è citato come esempio di resilienza, come modello di come rilanciare un brand dopo un flop .
Dal fallimento alla rinascita: i numeri di un ribaltamento
I numeri non hanno opinioni, e quelli di No Man’s Sky raccontano una parabola che ha dell’incredibile.
Al lancio, nell’agosto 2016, il gioco registrò oltre 212.000 giocatori in contemporanea su Steam : un debutto da record, il più alto mai raggiunto dal titolo. Ma la caduta fu immediata. Nel giro di pochi giorni le recensioni finirono sotto la tag “ Estremamente negativa ”, con picchi di oltre 2.000 giudizi negativi all’ora . Era un vero e proprio linciaggio digitale, tanto che Valve dovette perfino aggiungere un disclaimer sulla pagina per chiarire che non ci sarebbero stati rimborsi speciali oltre la policy standard.

Poi, per anni, il grafico delle statistiche sembrava il battito piatto di un cuore: numeri bassi, fiducia inesistente. Fino al 2018, quando l’update NEXT riportò il primo segnale di vita: quasi 100.000 giocatori simultanei tornati a provare il gioco nello stesso momento. Non bastava a cancellare la delusione, ma era il primo indizio che qualcosa stava cambiando.
Oggi, quasi dieci anni dopo, la fotografia è ribaltata. Su Steam ci sono quasi 300.000 recensioni complessive con una media “ Molto positiva ”, e negli ultimi trenta giorni oltre il 90% dei giudizi è stato positivo. Non si tratta più di “recuperare terreno”: è una reputazione completamente riscritta.
E il colpo di scena definitivo è arrivato con l’ultimo aggiornamento, Voyagers . Rilasciato ad agosto 2025, ha spinto il gioco oltre quota 110.000 giocatori simultanei , segnando il picco più alto degli ultimi nove anni e il secondo di sempre, subito dietro al lancio del 2016. Un risultato che, a questo punto del ciclo di vita, non ha precedenti.

In altre parole: No Man’s Sky è passato da esempio di fallimento epocale a caso studio numerico di rinascita. Non lo dicono le opinioni, lo dicono i dati: oggi è uno dei pochi giochi capaci di attirare più di centomila persone online nello stesso momento, quasi dieci anni dopo essere stato sepolto da critiche “estremamente negative”.
Marketing relazionale nei videogiochi: la community come co-autrice
La vera magia non è stata solo negli update. È stata nel rapporto costruito con la community. Perché Hello Games non ha semplicemente aggiustato un prodotto: ha scelto di coltivare una relazione, anche quando le critiche si trasformavano in insulti e le minacce di morte raggiungevano direttamente Sean Murray, il CEO dello studio.
Ogni aggiornamento era un segnale: abbiamo sbagliato ma vi stiamo ascoltando . Non c’erano campagne pubblicitarie roboanti, non c’erano trailer patinati per nascondere i problemi. C’erano patch corpose, roadmap concrete e un flusso costante di valore consegnato gratuitamente a chi aveva già speso (e perso) soldi e fiducia. È questo che ha trasformato i giocatori da haters a co-autori della rinascita.
La community, inizialmente spietata, si è progressivamente riavvicinata. Prima con scetticismo, poi con curiosità, infine con rispetto. Ogni feedback accolto e tradotto in feature diventava un mattoncino di fiducia. Alla fine, i giocatori stessi hanno iniziato a difendere il gioco, a raccontarlo ad altri, a consigliare di provarlo di nuovo. Hello Games non stava più solo “vendendo un titolo”: stava costruendo una narrativa condivisa, dove i clienti si sono trasformati nei primi ambasciatori del brand.

Questa è l’essenza del marketing relazionale : non la singola campagna che brilla e svanisce, ma un processo lungo, fatto di coerenza e continuità. Significa accettare che il valore non si misura solo in vendite immediate, ma nel grado di fiducia che riesci a generare e mantenere nel tempo.
Ed è qui che il caso No Man’s Sky parla alle PMI tanto quanto ai giganti del gaming. Perché l’errore capita a tutti: un prodotto che non funziona, un lancio che delude, un cliente che si sente tradito. Ma se hai il coraggio di restare, ascoltare e lavorare, puoi trasformare persino il peggior fallimento in un racconto di rinascita. Non sei tu a scrivere da solo la tua reputazione: la costruisci insieme a chi ti sceglie.
Cosa possono imparare le aziende
La storia di No Man’s Sky è più di un aneddoto videoludico: è una lezione viva su cosa significa davvero rilanciare un brand dopo un flop. E il punto non è tanto il “miracolo” di Hello Games, ma la costanza con cui hanno scelto di restare.
La maggior parte delle aziende, dopo un disastro del genere, avrebbe voltato pagina. Rebrand, nuovo prodotto, magari qualche scusa rapida e poi avanti come se niente fosse. Hello Games, invece, ha fatto la scelta più difficile: non scappare. È rimasta sul campo, sotto i colpi delle critiche, e ha iniziato a ricostruire pezzo dopo pezzo.
È qui che entra in gioco il marketing relazionale. Perché non parliamo di una campagna ben riuscita, né di uno slogan geniale. Parliamo di un lavoro lento, quasi ostinato, fatto di aggiornamenti continui, di ascolto vero, di valore dato senza chiedere subito nulla in cambio. Ogni update era un messaggio chiaro: vi abbiamo sentito, sappiamo cosa manca, ci stiamo lavorando. Nessun fuoco d’artificio, solo sostanza.

E alla lunga, questa sostanza ha cambiato tutto. La community che li aveva crocifissi è diventata la stessa che li ha rimessi in piedi. Prima tornando a provare il gioco per curiosità, poi raccontando che sì, le cose erano cambiate davvero, fino a consigliare ad altri di riprenderlo in mano. È il passaggio più difficile in assoluto: trasformare chi ti ha demolito in chi diventa il tuo miglior ambasciatore.
Per una PMI o per un freelance la dinamica è la stessa. Puoi sbagliare un prodotto, un progetto, un lancio. Puoi deludere clienti che avevano riposto in te fiducia. Ma non è detto che la partita sia chiusa. Se resti, se ascolti, se dimostri con i fatti di voler rimediare, c’è sempre spazio per ribaltare la narrazione. Non sarà immediato, non sarà facile, e richiederà tempo. Ma è proprio questa coerenza, più che qualsiasi strategia pubblicitaria, a costruire fiducia.
Ed è quella fiducia che, una volta ricostruita, vale più di tutto. Perché non nasce dal marketing che promette, ma dall’esperienza che mantiene.
Conclusione
Quando ho ripreso in mano No Man’s Sky con il Meta Quest 3, non era solo per curiosità tecnica. Dopo anni di delusione, reinstallazioni fugaci e disinstallazioni ancora più veloci, non mi aspettavo granché. E invece mi sono ritrovato in un universo che finalmente aveva senso: pianeti vari e sorprendenti, attività che ti tengono agganciato, sistemi complessi da scoprire. In VR la sensazione è stata totale: quella galassia che nel 2016 sembrava solo un deserto infinito di copie incollate, oggi ti avvolge al punto da farti perdere la cognizione del tempo.
Mentre giocavo, mi sono reso conto che stavo vivendo qualcosa di più grande del semplice “gioco aggiustato”. Stavo assistendo a un esempio lampante di come rilanciare un brand dopo un flop . Non è questione di patch o di nuove astronavi: è questione di rapporto. Hello Games ha fatto la scelta che quasi nessuno fa – rimanere quando tutti ti danno per spacciato. E non si è limitata a riparare i danni, ha ricostruito fiducia pezzo dopo pezzo, update dopo update, anno dopo anno.
La community, che un tempo li aveva massacrati, è diventata parte della loro rinascita. All’inizio con scetticismo, poi con sorpresa, alla fine con rispetto. E oggi, le stesse persone che scrivevano recensioni al vetriolo consigliano il gioco ad altri. Questo è il vero ribaltamento: non solo tecnico, ma emotivo e narrativo.
Per me la lezione è chiara: un flop non è la fine, è un bivio. Puoi scappare e lasciare che la tua reputazione resti sepolta, oppure puoi affrontare la tempesta e lavorare perché la storia cambi. Non sarà mai immediato, né semplice, ma se riesci a trasformare la rabbia in fiducia, avrai costruito qualcosa di più solido di qualsiasi campagna pubblicitaria.
No Man’s Sky era il simbolo di una promessa tradita, oggi è diventato il promemoria che un errore non definisce un brand: lo definisce il modo in cui reagisce. E mentre continuo a perdermi tra galassie in VR, mi porto dietro questa consapevolezza: ogni progetto può cadere, ma ciò che conta davvero è come scegli di rialzarlo.
Se senti che il tuo brand ha bisogno di essere rilanciato, o semplicemente vuoi migliorare la tua immagine e rafforzare la fiducia con i tuoi clienti, sappi che non sei solo. Ogni percorso di crescita passa anche dagli errori: il punto è come li trasformi. È quello che faccio ogni giorno nel mio lavoro, aiutando aziende e freelance a rimettere insieme i pezzi e a ripartire con più solidità. Contattami e vediamo insieme come rimettere in moto il tuo progetto.
E se invece sei come me, e anche tu ti stai perdendo tra le galassie di No Man’s Sky, aggiungimi su Steam: il.talla. Magari ci incrociamo davvero, questa volta.
